Bruce Chatwin, La Via dei Canti
Invidio molto lo stile narrativo di Chatwin: essenziale, attento solo ai fatti, ai dialoghi e a brevi descrizioni. Eppure così ricco, capace di raccontare le persone, i luoghi, il mondo nella maniera più semplice.
Mentre leggevo questo libro, sono andato a cercare informazioni biografiche su Chatwin. Non sapevo che fosse omosessuale e non sapevo nemmeno che fosse morto ad appena 49 anni di AIDS.
Eppure nel suo scrivere appare così candido, così trasparente, così curioso di tutto e di tutti. Ma forse è proprio questa ingenuità che gli è stata fatale. Ma è anche la qualità che rende i suoi scritti così veri, nudi, toccanti.
E’ un po’ una personalità affine alla Schwarzenbach, anche se è molto più attento e scrupoloso nel raccontare tutto ciò che vede e sente.
Ama soprattutto raccontare la gente che incontra (d’altra parte ha fatto studi di archeologia ed è appassionato di antropologia), i suoi sono sempre viaggi alla ricerca dell’altro, con una curiosità famelica.
In questo libro parla infatti degli Aborigeni australiani e va alla ricerca di uno dei “misteri” più affascinanti della loro cultura e ritualità, e cioè la Via dei Canti.
Non è un vero e proprio mistero, perchè si sa cos’è la Via dei Canti, anzi, le Vie: sono dei “sentieri” percorsi “cantando” le storie di antenati, che hanno le fondamenta nelle credenze animiste degli aborigeni. Per loro ogni cosa che ci circonda contenie qualcosa di noi e dei nostri antenati. E così capita che un aborigeno se ne vada per un po’ in walkabout, cioè a “camminare cantando”, ricordando la storia di una collina o di un cespuglio e di un sasso che in passato furono un uomo, una donna o qualcos’altro.
Miti complicatissimi e interconnessi tra loro, custoditi gelosamente e riferiti solo a persone fidate e iniziate al rito.
Chatwin vuole scoprire questi segreti e in questo diario di viaggio, ci illustra i mesi passati in Australia tra gli Aborigeni, facendo la loro vita, andando a caccia con loro, a volte rimanendo bloccato per giorni in luoghi sperduti a causa del mare di fango che blocca le strade.
Nessun giudizio, nessun commento, da parte dell’autore, solo incontri e esperienze vissute. Ognuno poi tragga la propria personale opinione sulla signora gallerista d’arte che compra i dipinti degli aborigeni pagandoli 4 soldi e rivendendoli per molto di più; oppure sull’aborigeno che dice di non sapere nulla della livellatrice che gli era stata prestata e che viene poi ritrovata in mezzo al nulla tra gli arbusti del bush australiano.
Ma il libro non contiene solo questo. Infatti sparse all’interno ci sono anche innumerevoli note sulle cose più disparate. Pensieri, citazioni e annotazioni che Chatwin aveva preso sulle sue prezione Moleskine.
E anche uno studio, o bozza di studio, o appunti di studio di antropologia, sull’uomo preistorico e sulla sua natura per sostenere una tesi cara a Chatwin: l’uomo non è cattivo, semplicemente ha un innato senso di “difesa”, cerca di difendersi dalla “Bestia”, quella dalla quale scappava durante gli albori della sua evoluzione.
L’etologo Konrad Lorenz, in una chiaccherata con Chatwin, disse, a proposito di questa tesi, dopo aver riflettuto: “Quello che ha appena detto è completamente nuovo”.
Un libro ricchissimo insomma, e da non perdere.
Copyright © 2013 - All Rights Reserved